La tematica della bonifica bellica apporta i propri effetti su sicurezza e la riqualificazione dei territori colpiti da conflitti armati, ed è un argomento che dovrebbe interessarci molto più di quanto pensiamo. Il processo punta a rimuovere esplosivi e ordigni inesplosi (UXO) rimasti in aree precedentemente teatro di guerre. Insomma una sfida di grande portata per le comunità e gli enti governativi. In contesti post-bellici, il fatto che si rinvengano ordigni ci dà l’idea di come la vita umana venga tuttora messa a repentaglio dai conflitti, seppur terminati da svariati decenni. Ad apparirne compromesso è per giunta lo sviluppo economico, congiuntamente alla rinascita sociale delle aree colpite (in copertina, un’immagine di una bonifica bellica attuata con trivellazioni in profondità).
Nel presente articolo si vuole proporre al lettore una panoramica completa sulla bonifica bellica, mediante la presa in considerazione delle metodologie impiegate, tanto quanto i rischi connessi e le esperienze d’intervento in diversi contesti post-bellici. Saranno anche presentati case studies che mettono in mostra le best practices e i risultati ottenuti. Dai casi studio presentati si potrà cogliere la valenza di un approccio multidisciplinare e collaborativo in qtale campo cruciale per il futuro delle comunità.
La bonifica bellica nella storia
Sin dall’antichità, nelle guerre si è fatto uso d’esplosivi, dai rudimentali dispositivi d’esplosione usati dai Romani fino all’impiego diffuso di mine e bombe nell’ambito delle due guerre mondiali. Nella seconda guerra mondiale, in particolare, si è visto l’impiego massiccio d’ordigni in Europa, il che ha lasciato purtroppo terreni contaminati e pericoli invisibili.
Nel dopoguerra, la necessità di bonificare le aree colpite da conflitti ha comportato un’evoluzione delle tecniche di bonifica. Inizialmente, le operazioni di rimozione si basavano su metodi rudimentali, come il semplice scavo. Tuttavia, col passare del tempo e l’aumento della consapevolezza sui rischi associati a UER, si è assistito a un progresso notevole delle tecnologie e delle tecniche in uso. Negli anni ’70 e ’80, si sono cominciati a utilizzare strumenti avanzati, come il metal detector, e tecniche di ricerca sistematica, comprese le indagini geofisiche.
Eventi storici di rilievo hanno fatto la propria parte nella crescita della bonifica bellica. Per esempio, il conflitto in Vietnam ha ampiamente mostrato la pericolosità dei residui bellici, con una stima di milioni d’ordigni inesplosi che continuano a minacciare la vita quotidiana delle popolazioni locali. In Europa, il XXI secolo ha visto diverse iniziative per bonificare le zone di guerra, come i Balcani, laddove la presenza di mine e UER ha necessitato d’interventi tempestivi al fine di garantire la sicurezza.
Oggi, la bonifica bellica è sempre la componente immancabile per il recupero delle terre e la tutela della salute pubblica, portata avanti con standard e pratiche sempre più avanzati allo scopo d’affrontare le sfide che si legano ad un passato bellico.
Cosa sono gli ordigni inesplosi?
Gli ordigni inesplosi (UXO, acronimo di Unexploded Ordnance) si riferiscono a esplosivi che non sono detonati e rimangono sul terreno dopo che i conflitti bellici o le operazioni militari abbiano avuto termine. I dispositivi possono esplodere improvvisamente, e anche dopo diversi decenni, causando danni e perdite di vite umane. Tra gli UXO troviamo una varietà di munizioni, come bombe aeree, mine terrestri, proiettili d’artiglieria, granate e ordigni rudimentali, tutti potenzialmente letali a distanza di tantissimi anni.
Le tipologie d0ordigni inesplosi variano sensibilmente: le bombe aeree, ad esempio, sono progettate per essere sganciate da velivoli e possono avere un ampio raggio d’azione devastante; le mine terrestri, invece, sono destinate a essere attivate da pressione o in prossimità di un veicolo o un soldato, e il loro rinvenimento è particolarmente difficile. Le granate e i proiettili d’artiglieria possono anch’essi rimanere intatti, un potenziale pericolo per chiunque ci si imbatta, magari in un campo incolto o incustodito.
I dati statistici sul tema mettono in mostra come molteplici regioni del mondo convivono con problemi inscindibilmente legati agli UXO. In Europa, ad esempio, si stima che milioni d’ordigni inesplosi giacciano nel suolo, residui della Seconda Guerra Mondiale. In Asia e in Medio Oriente, il numero di mine e ordigni inesplosi è altrettanto preoccupante, con paesi come Afganistan e Cambogia che segnalano tassi incidentali elevati per causa degli UXO. Stando a rapporti dell’ONU, si stima che oltre 100 milioni di mine siano attualmente sepolte in varie regioni.
Rischi propri degli ordigni inesplosi
Il pericolo dato dagli UXO si traduce in incidenti e vittime, in particolare nelle aree colpite da conflitti. Le persone possono entrare in contatto con gli ordigni nell’espletamento d’attività quotidiane quali l’agricoltura, il costruire o anche semplicemente il passeggiare. Tali interazioni possono causare esplosioni improvvise, con conseguenti ferite gravi o morti. I disabili e i bambini sono particolarmente vulnerabili, i primi per via delle ridotte capacità motorie, e i secondi per il fatto di essere non di rado attratti da oggetti che sembrano innocui.
Oltre ai rischi per la vita umana, gli ordigni inesplosi non mancano d’apportare rischi sul versante ambientale. Le esplosioni possono determinare la contaminazione del suolo e delle risorse idriche. Sostanze chimiche tossiche e metalli pesanti possono percolare nel terreno e nelle falde acquifere, a compromissione della salute degli ecosistemi e delle comunità. Poi, tali contaminazioni detengono la nefasta potenzialità di rendere le terre agricole non utilizzabili, con aggravio ulteriore della scarsità di risorse alimentari in regioni già vulnerabili.
Sul fronte economico, la presenza d’ordigni inesplosi può ostacolare lo sviluppo immobiliare e turistico. Le aree affette da UXO vengono spesso declassate, con conseguente calo del valore delle proprietà e scoraggiamento degli investimenti. I potenziali operatori del settore possono evitare le aree contaminate, e le imprese turistiche potrebbero decidere di non operare in luoghi percepiti come insicuri. Di conseguenza, le comunità locali possono soffrire di una perdita di opportunità economiche, di fatto venendo in essere un circolo vizioso di povertà e stagnazione.
Tecniche di bonifica
Tra le tecniche di bonifica, metodologie di ricerca come il georadar, il sonar e le ispezioni visive sono i mezzi volti a rintracciare la presenza di ordigni sottoterra o nelle acque.
Il georadar (Ground Penetrating Radar) è una delle tecniche più efficaci tra quelle in uso per la mappatura del sottosuolo. Essa sfrutta impulsi elettromagnetici col fine di rilevare oggetti e variazioni di materiale al di sotto della superficie. La tecnologia esposta è in grado di fornire immagini dettagliate della struttura del terreno, in maniera che l’individuazione d’ordigni risulti decisamente più facile e immediata. Il sonar, in particolare quello a scansione laterale, è preferito per le operazioni subacquee, in quanto si fa leva sul medesimo a scopo di rilevare oggetti sui fondali marini attraverso onde sonore. Infine, le ispezioni visive rimangono un metodo tradizionale ma essenziale, impiegato per rintracciare gli ordigni a vista in aree accessibili.
Per quel che attiene agli approcci alla rimozione degli ordigni, si possono distinguere principalmente due metodologie: la distruzione in loco e il trasporto e smaltimento. La distruzione in loco è frequentemente adoperata per ordigni non complicati da manipolare, sicché abbassa di tanto il rischio d’incidenti in corso di trasporto. Tuttavia, richiede rigorosi protocolli di sicurezza onde evitare esplosioni incontrollate. Al contrario, il trasporto e lo smaltimento degli ordigni è consigliato quando le condizioni lo consentono e quand’è possibile trasferire gli ordigni stessi in strutture specializzate, nelle quali poter essere trattati in modo sicuro.
Negli ultimi anni, l’adozione delle innovazioni tecnologiche ha rivoluzionato la bonifica. L’uso della robotica e dei droni ha portato indubbiamente le operazioni ad un grado maggiore di sicurezza ed efficienza: i robot possono essere impiegati per l’ispezione e la manipolazione d’ordigni in aree pericolose; e i droni, d’altro canto, sono sfruttati per la sorveglianza aerea, per una rapida mappatura delle aree contaminate e un monitoraggio in tempo reale della situazione.
Si può notare come, le tecniche di bonifica, spazianti dalla rilevazione al trattamento degli ordigni esplosivi, si avvalgono di metodologie collaudate e innovazioni tecnologiche d’ultima generazione, ai sensi di una modalità d’interfacciarsi con la problematica sempre più sicuro ed efficiente nella riduzione del rischio d’esplosione e nella protezione dell’ambiente e della popolazione.
Normative e procedure di bonifica
A livello internazionale, fra le normative poste a regolazione della bonifica bellica, si trovano convenzioni come la Convenzione di Ottawa sulle mine antiuomo e la Convenzione di Oslo sulle munizioni a grappolo, prevedenti principi per la rimozione degli stessi ordigni contemplati nei rispettivi testi. A livello nazionale, molti paesi hanno emanato leggi specifiche a disciplina delle operazioni di bonifica, con specifica attenzione alla protezione dei cittadini e alla conservazione dell’ambiente.
Le autorità competenti, tra le quali ministeri della difesa, agenzie governative per la sicurezza e istituzioni locali, esercitano ruoli di prim’ordine nella coordinazione delle attività di bonifica. Gli enti collaborano infatti con esperti del settore, come ingegneri e tecnici specializzati in ordigni esplosivi, onde accertare che le operazioni vengano effettuate in conformità alle leggi e alle normative vigenti.
I processi standardizzati per la bonifica comprendono ben individuate fasi: la prima è la mappatura dell’area interessata, seguita da un’indagine preliminare valevole al tracciamento della presenza degli ordigni. Successivamente, si procede alla rimozione degli ordigni con sicurezza e al trattamento appropriato dei medesimi, potendo altresì addivenire alla distruzione controllata. Si dovrà oltretutto dare luogo ad un monitoraggio post-bonifica, passaggio di grado superiore per la sicurezza e la stabilità dell’area. Questi processi sono adattati alle specifiche condizioni locali, ma seguono linee guida internazionali.
Casi studio di successo nella bonifica da ordigni inesplosi
Uno dei casi di successo più noti è il progetto di bonifica nella regione della Normandia, in Francia, dopo il D-Day. Tra il 1944 e il 2016, è stato riportato che oltre 200.000 ordigni inesplosi sono stati recuperati e disattivati, consentendo la ripresa dell’agricoltura e dello sviluppo urbano in queste aree.
Un altro esempio è il progetto di bonifica in Vietnam, dove l’agenzia del governo e diverse ONG hanno collaborato per rimuovere ordigni inesplosi dall’era della guerra del Vietnam. Attraverso l’uso di tecnologie avanzate come droni e radar di penetrazione del suolo, oltre 1 milione di tonnellate di esplosivi sono stati neutralizzati, migliorando notevolmente la sicurezza per le comunità locali.
La chiave di detti successi è la cooperazione tra enti pubblici, aziende private e comunità locali. In molti casi, la sinergia dà l’accesso a risorse economiche e tecnologie avanzate, fattore che si concretizza in una risposta la più efficiente possibile. Per di più, il coinvolgimento delle comunità locali diffonde consapevolezza e supporto, essenziali per il buon esito delle operazioni di bonifica. Si noti a tal proposito come la collaborazione intersettoriale sia acceleratrice dei processi, con risultati sostenibili.
Prospettive future
Per quanto concerne le prospettive alle quali va incontro la materia, attualmente la difficoltà principale sta nella localizzazione e rimozione per quegli ordigni inesplosi in aree instabili o colpite da conflitti prolungati. Le tecnologie moderne, tra le quali i droni e i sensori avanzati, concedono sicuramente delle nuove opportunità, per come già fatto notare. Per contro, vi è anche la necessità di un adeguato investimento (e in quanto tale consistente) e di formazione consona.
La comunità internazionale e le organizzazioni non governative sono attori preminenti nel sostegno alla bonifica. Dando luogo a programmi di sensibilizzazione, formazione di personale locale, e all’erogazione di risorse, queste entità possono andare incontro alle sfide contemporanee e future. Tra l’altro, anche l’adozione di normative globali sempre più rigorose è un fattore sul quale puntare su scala globale.
I cambiamenti climatici sono un altro ostacolo, e si tenga conto che le calamità naturali sono suscettibili di danneggiare le infrastrutture di bonifica e complicare l’accesso alle aree inquinate. L’innalzamento dei livelli dei mari e l’erosione possono anche far riemergere ordigni sepolti. Per affrontare le sfide presentate, si dovrà ricorrere ad un’azione collettiva e innovativa.
Qualora siate col dubbio che un determinato terreno abbia delle mine o altri residui bellici incorporati nel sottosuolo, o l’area è stata storicamente sede di conflitti e perciò vogliate accertarvene, e poi anche far rimuovere con celerità e modalità sicure e soddisfacenti gli stessi ordigni, BSC SRLS può essere la soluzione che fa per voi. Contattarli è facilissimo, basta andare sul loro sito e richiedere una consulenza personalizzata via WhatsApp, cliccando sull’apposito tasto.